Brutti ma pieni di storia e tradizione: la rivincita degli stemmi italiani

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loghi che non piaccionoLa rivista inglese Four Four Two giorni fa si è divertita a spulciare tra gli stemmi delle squadre di calcio andando a stilare, dopo quella dei loghi più belli, la classifica di quelli più brutti. In questa particolare lista troviamo anche tre squadre italiane: Benevento, Catania e Genoa. Gli inglesi evidentemente nulla sanno delle storie e delle

tradizioni della nostra bella Italia, raffigurate spesso anche negli stemmi delle squadre di calcio. Cerca di farglielo capire Elisa Ferro Luzzi con una breve ricerca storica sull'argomento.

Nel caso del Benevento, Oltremanica, non riescono a capire cosa c’entri la figura di una strega al centro dello stemma. Una pecca imperdonabile, visto che Benevento è conosciuta proprio come città delle streghe. La credenza popolare secondo cui la città sannita sarebbe il luogo di raduno delle streghe italiane è piuttosto diffusa e ricca di risvolti al confine tra realtà e immaginazione: la “colpa” è dei riti religiosi pagani che svolgevano i Longobardi sul fiume Sabato nel periodo della loro dominazione e che erano visti dalla popolazione locale come atti di stregoneria. Si narra di veri e propri raduni di streghe provenienti da tutta Italia sotto un albero di noce, abbattuto da San Barbato e risorto per opera del demonio. La città è fortemente legata alla leggenda delle streghe, tanto da averne fatto appunto un simbolo. I calciatori che militano nel Benevento sono conosciuti come “Stregoni”, le calciatrici sono ovviamente le “Streghe”.

Al secondo posto della classifica di Four Four Two figura lo stemma del Catania. Ci si interroga sul perché di un pallone vintage così grande e sul fatto che l’elefante cerchi di nascondersi dietro ad uno stemma troppo piccolo. L’Elefante o u Liotru, simbolo della città di Catania, in realtà si poggia dietro ad uno scudo di battaglia, un’arma che serve a schivare i colpi che lungo la sua storia ha dovuto subire. U Liotru ha la zampa infilata nello scudo e tiene la testa radente al bordo con fare guardingo. Il pallone serve a non dimenticare che si tratta pur sempre di un gioco, il calcio. Ed è vintage per ricordare agli altri che il Catania è nato negli anni quaranta e che tra le grandi di Sicilia è l’unico a non esser mai fallito. La sagoma è unica nel suo genere: in un Paese in cui, calcisticamente parlando, primeggiano gli ovali (Milan, Juventus o Bologna) o i cerchi (Inter, Napoli o Livorno) i contorni particolari dello stemma dell’Elefante sarebbero riconoscibilissimi tra centinaia e centinaia di loghi.

Tra gli stemmi non concepiti dai britannici c’è quello del Genoa. Il Grifone, la storica fiera che si oppone al marinaio sampdoriano (che invece figura nella classifica degli stemmi più belli), secondo la rivista inglese ha uno sguardo poco convinto. Questa la motivazione della bocciatura: l’espressione sarebbe fondamentale. Se in Inghilterra sapessero che il Genoa è il club più antico d’Italia (nato il 7 settembre 1893) ed è stato fondato proprio da alcuni inglesi residenti a Genova in quegli anni che amavano alternare il calcio al cricket, forse non sarebbero così superficiali nel giudicare il povero Grifone, simbolo della società dal 1910. Ovvero da quando Aristide Parodi, prima giocatore e poi cassiere del club divenuto famoso per aver versato 500 lire nelle casse genoane che permisero di costruire San Gottardo (il campo di gioco che ospitò il Genoa prima di Marassi), propose di inserire nello stemma del club quello della città, ovvero due Grifoni (un incrocio tra un’aquila, un leone e un cavallo) che sostengono lo scudo con la croce di San Giorgio. Verso la fine degli anni venti la decisione di utilizzare un solo Grifone inserito in uno scudo rosso blu bordato d’oro e chiuso in alto dalla croce. Anche la scelta dei colori non fu casuale: rosso e il blu, come il Grifone, sono simbolo di due nature. Quella terrena, il rosso (simbolo del sangue) e quella divina, il blu (simbolo del cielo).

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Caccia alle Streghe

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